Storia
Sull’origine e le epoche più lontane di Oliveto sembra che a tutt’oggi manchino notizie. Pare che sul luogo vi furono frequenti incursioni di barbari e di predoni e probabilmente l’abitato venne distrutto e ricostruito in più di una occasione.
Tra i principali feudatari risultano i Bossuti (prima del 1400), i Grappini (nel 1400), i Ferrante (1463), i Sanseverino (1475), i Capano (1533), i Suardo (1557) e i Delerma (1715) ( Rif. Giuseppe e Vittorio Sebastiani). Fino al 1858 ebbe un vasto territorio che comprendeva, come frazioni, Calciano e Garaguso. Dell’antico castello feudale, ridotto a un rudere e successivamente demolito, si poteva ammirare l’imponente portale sormontato dallo stemma dei Revertera ex proprietari. La chiesa madre dedicata a ”Santa Maria delle Grazie” conserva una tavola rappresentante la Vergine con Bambino e Santi del XVI secolo, coeva alla fondazione. Il territorio, soprattutto nei pressi del monte “Croccia”, che domina la grande foresta di “Gallipoli – Cognato” ed il territorio di Oliveto Lucano e con un panorama percettibile che giunge sino al mare Ionio, conserva abbondanti testimonianze di interesse storico e archeologico. Dal monte provengono ceramiche limabili intorno al VI – IV secolo a.C. insieme a resti di una cinta muraria costituita da grossi massi parallelepipedi di arenaria. Sono stati rinvenuti anche i resti delle mura e delle abitazioni dell’antica Gallipoli.
Altre campagne di scavo, di modesta entità, sono state eseguite nel corso degli anni ma interrotte per carenza di finanziamenti. Nelle prime campagne di scavo furono scoperti lunghi tratti della cinta urbana, con spessore delle mura verso la base di mt. 3.25, nonché frammenti di stoviglie e di grandi vasi in creta ordinaria, lavorati a mano e di arte lucana.
Per i resti delle splendide fortificazioni di Monte “Croccia – Cognato”, “Serra del Cedro”, “Civita” di Tricarico e “Serra” di Vaglio sono state riscontrate, negli anni, non poche analogie storico – erettive da quanti, in modo particolare il professor Dinu Adamesteanu, si sono cimentati in campagne di scavo e studio dei reperti. E’ stato possibile disporre di una datazione dei luoghi compresa fra i secoli IV e VI a.C.. Secondo una relazione del prof. Adamesteanu – vi era una sola mente direttiva nella costruzione delle fortificazioni. “Anche se la letteratura antica – scrive Adamestenau – non ci ha conservato alcun nome di personaggio lucano della seconda metà del IV secolo a.C. che possa aver avuto il comando su un cosi vasto territorio, un’iscrizione rinvenuta ai piedi della fortezza di “Serra” di Vaglio parla di un capo militare e civile. Un archon (Nummelos) sotto la cui direzione si sarebbe creata l’opera difensiva dell’abitato e che comandava una grossa tribù raccolta fra Monte “Croccia” e “Torre di Satrianum”, sulla parte alta del fiume “Basento” e dei suoi affluenti” (Rif.: Atti del convegno: siti archeologici a confronto – esperienze di Pro Loco sul territorio regionale ed extra regionale – Relazione del dott. Leonardo LOZITO).
Nel territorio di Oliveto Lucano rientra in parte il parco regionale di “Gallipoli –Cognato”, situato tra le province di Matera e Potenza, nella zona più interna della Basilicata. Il Comprensorio si presenta notevolmente interessante dal punto di vista ambientale e naturalistico, tanto da offrire uno tra i più tipici aspetti dell’ Appennino Meridionale dovuto alla pittoresca catena di creste rocciose, picchi e guglie, che richiamano le forme dolomitiche in contrasto con le attenuazioni del paesaggio circostante. I nuclei urbani di Castelmezzano e Pietrapertosa, armonicamente inseriti in questo scenario, costituiscono espressioni insediative tra le più tipiche del paesaggio lucano.
Nella dorsale di Pietrapertosa, invece, l’erosione eolica e meteorica ha determinato, nel corso dei millenni, la formazione di un completo campionario di forme, fra le più ardite e bizzarre, che giustificano l’appellativo con il quale è nota: “PICCOLE DOLOMITI”. (Rif. Piano territoriale paesistico).
Con grande probabilità San Cipriano divenne protettore di Oliveto intorno al 1735: “giunse ad Oliveto Lucano la reliquia, contenuta in un braccio ligneo, ed i devoti ordinarono una statua lignea del santo vescovo” scrive don Giuseppe Filardi in “Religiosità Popolare ad Oliveto Lucano” – anno 2005. Il Santo Patrono viene portato in processione per le strade principali del paese la sera dell’11 agosto e, per i solenni festeggiamenti, il 12 agosto. La statua, già a partire dai primi del mese di agosto, viene esposta accanto all’Altare Maggiore della Chiesa “Maria SS. Delle Grazie” su di una grande “sedia” in legno dorato, finemente intagliata in fronde e fruttini risalente all’anno 1885.
In paese si tramanda la leggenda secondo la quale, nel 1954, invece di tagliare un albero di cerro, i “maggiaioli” ne abbatterono uno di farnia per la festa del “Maggio”. Trattandosi di una pianta femminile al pari della “Cima”, che per i culti arborei rappresenta la donna, San Cipriano non gradì questa scelta e provocò la rovinosa caduta del “Maggio”, una volta innalzato in un sito prospiciente l’attuale “Via del Maggio”. Avvennero a questo punto due eventi miracolosi: innanzitutto non ci furono danni alle cose o alle persone malgrado una di queste fosse precipitata assieme all’albero e, inoltre, una bimba giurò di aver visto la statua di San Cipriano sorridere (Rif. Enciclopedia dei Comuni della Basilicata – Basilicata Vol. 3° fascicolo n° 12).
Strettamente legato alla festività di San Cipriano, è il suo tradizionale “Maggio”, i cui festeggiamenti avvengono il 10 agosto, che suscita interesse di cultura popolare. II “Maggio” di San Cipriano è un esempio di religiosità popolare che si ritrova nei culti arborei di altre parti del mondo. E’ una cerimonia propiziatrice di fecondità e benessere durante la quale si sposano due alberi: l’uno (il maggio), il più dritto e più alto del bosco di “Cognato”; l’altro (la cima), la più bella e frondosa chioma di agrifoglio della foresta di “Gallipoli”. L’albero, poi ha già in sé un valore simbolico di verticalità; unisce la terra con l’aria.