Sito Archeologico di Monte Croccia
I RUDERI DELL’AREA ARCHEOLOGICA DI MONTE CROCCIA
Il complesso megalitico denominato “Petre de la Mola” è situato a 1049 m. s.l.m., all’interno del Parco Naturale di Gallipoli-Cognato, in un’area di riserva antropologica-naturalistica a protezione totale a causa della presenza, oltre che di rare specie animali e vegetali, dei resti di un insediamento Osco-Sannita (VIII-IV sec. a.C.) sul Monte Croccia, una montagna appartenente alla catena delle piccole Dolomiti Lucane. Tracce di frequentazione del sito sono riferibili al Mesolitico (12.000-8.000 a.C.) ed all’età del Bronzo. L’area fu visitata da Michele Lacava nel 1887 dopo le segnalazioni dello studioso di Oliveto Lucano, Francesco Mattiace, che nel 1884 aveva individuato, tra la folta vegetazione, i resti di una cinta muraria. Vittorio Di Cicco svolse cinque campagne di scavo (dal 1896 al 1919) sul sito, mettendo in luce un doppio muro difensivo ed i resti di alcune strutture sull’acropoli. Gli ultimi scavi sono stati eseguiti alla fine del XX secolo dalla Soprintendenza Archeologica della Basilicata (dott.ssa Alfonsina Russo). Il muro esterno, datato tra VIII e VI sec. a.C. è costituito da grossi blocchi di arenaria squadrati, alternati ad affioramenti della roccia. L’acropoli è circondata da un secondo muro lungo circa 700 metri e datato all’inizio del IV sec. a.C. Il lato meridionale dei due muri di cinta è comune. Sui lati settentrionale, orientale e meridionale del muro interno si aprono cinque postierle, mentre l’entrata principale, rivolta ad est, è costituita da un vano quadrangolare a doppia apertura. Queste opere difensive sono da mettere in relazione con l’intervento del re dell’Epiro Alessandro il Molosso in Italia Meridionale nel 333 a.C. I dati in nostro possesso, ci indicano che l’insediamento fu abbandonato all’inizio del III sec. a.C. a causa della pressione romana e l’area non fu più frequentata fino ai nostri giorni.
LE PETRE DELLA MOLA
A circa 200 metri ad est della porta principale dell’insediamento si erge un imponente gruppo di rocce. Questo complesso megalitico, chiamato nel dialetto locale “Petre de la Mola” è un affioramento naturale della roccia madre calcarenitica, spaccato in numerosi blocchi per l’erosione di pioggia e vento. La scoperta casuale di un singolare effetto di illuminazione a mezzogiorno in questo megalite fa pensare che esso sia stato modificato dalla mano dell’uomo per trasformarlo in uno strumento di misure calendariali. Per questo motivo è stata effettuata una scansione laser dello stesso che ha rivelato due allineamenti astronomici dallo stesso punto di osservazione. E’ possibile al solstizio d’inverno, osservare il sole nella mira meridiana del megalite a mezzogiorno, mentre al tramonto si osserva l’ultimo raggio dello stesso nella mira posizionata a SO. La ierofania diviene visibile per una decina di minuti anche ad eventuali osservatori che si trovino sul fianco sottostante della montagna, dalla parte di Oliveto Lucano.
La prova archeologica dell’intenzionalità degli allineamenti riscontrati a Petre de la Mola è dimostrata dai solchi incisi dalla mano dell’uomo su un blocco di roccia inglobato da un muro a secco, edificato nell’età del Bronzo, per realizzare con terra di riporto la spianata posta tra il megalite ed il punto di osservazione, e da alcuni bacini scavati nella parte superiore del megalite per raccogliere l’acqua piovana a fini cultuali. E’ molto difficile trovare prove etnografiche relative all’uso di un sito che negli ultimi 2.200 anni non è stato più frequentato. Il nome Petre de la Mola potrebbe riferirsi all’uso del sito come propiziatorio alla fertilità. La radice indoeuropea di “mulo” o “mul” è passata poi ad indicare l’animale sterile nato dall’asino e dalla cavalla perciò bastardo. Quindi Petre de la Mola si può intendere come un sito per propiziare la fertilità.